Vol. I – 2011

TODOMODO: Abstracts anno 2011 – Vol. 1
(a cura di Velania La Mendola)

INDICE / INDEX

FRANCESCO IZZO, Al dilettante

Introduzione al primo numero della rivista, in cui il fondatore, Francesco Izzo, spiega l’obiettivo per il quale “Todomodo” è nata: coltivare e servire liberamente la passione della conversazione su un autore, Leonardo Sciascia, la cui opera non cessa di sorprendere. Uno spazio dedicato al dialogo, anche acceso, che ha due riviste come punto di riferimento: “Galleria” – la rassegna bimestrale di Caltanissetta diretta dallo stesso Sciascia, che intercettava temi e tendenze e promuoveva talenti – e “Belfagor”, fondata da Luigi Russo (a sua volta uno dei primi collaboratori di “Galleria”), per l’anticonformismo, la spregiudicatezza e il carattere graffiante. L’articolo è corredato dall’inchiostro di Mino Maccari, “Todo modo Sciascia lodo” (1976). La rivista è illustrata e ha in allegato il dvd “Sciascia nell’archivio di Radio Radicale”, a cura di Andrea Maori. 
Pag. XI-XIII  
 

CIRIL ZLOBEC, Leonardo Sciascia, in memoriam / In memoriam Leonardu Sciasci.

Il poeta, amico e traduttore di Sciascia, dedica un sonetto (riportato in lingua originale e nella traduzione di Giacomo Scotti) alla memoria dello scrittore e della sua opera, che ancora ci interroga sulla verità nella speranza di un futuro nuovo.  
Pag. XVII-XVIII  
 


RASSEGNA / REVIEW ESSAYS. LEONARDO SCIASCIA COLLOQUIA, I 
GIOVANNI AVANTI, Presentazione

Il Presidente della provincia regionale di Palermo commenta il tema del convegno “L’etica del potere per Leonardo Sciascia”, mettendo in evidenza quanto sia istruttivo e stimolante ragionare sull’etica del potere grazie all’interpretazione di uno scrittore raffinato e colto. Istruttivo perché riporta alla mente che il potere, inteso come capacità di agire ma anche di influenzare i comportamenti, deve essere esercitato per il bene comune. Stimolante perché è dovere della politica lavorare affinché questo bene comune si realizzi per definire e difendere la dignità dell’uomo. 
Pag. 3  
 

MARK CHU – RENATO ALBIERO, Introduzione. L’etica del potere per Leonardo Sciascia

Il convegno di Palermo del 19-20 novembre 2010, i cui atti sono raccolti in questa rassegna, ha messo al centro del proprio dibattito la tensione tra etica e potere che percorre tutta l’opera di Sciascia. Nei suoi scritti infatti, fin dalle Parrocchie di Regalpetra, l’autore contrappone la giustizia e la libertà al potere, ottuso e violento. Questo rapporto particolarmente critico raggiungerà l’apice negli anni Settanta, dalla pubblicazione del Contesto fino all’Onorevole, anche grazie all’acceso dibattito sulle riviste e attraverso l’esperienza diretta di Sciascia che da scrittore che si è sempre occupato di politica vestirà anche i panni dell’uomo politico, come consigliere comunale a Palermo e come deputato a Montecitorio, affrontando in prima persona i paradossi del potere. I lavori del convegno hanno seguito tre tracce principali: la letteratura e il potere, la pratica della politica, gli intellettuali e il potere. 
Pag. 5-9  
 

RENATO ALBIERO, Apertura dei lavori

Il tema del convegno di Palermo nasce dalla riflessione di alcuni membri dell’Associazione Amici di Leonardo Sciascia sull’impegno letterario, civile, politico di uno scrittore che ha avuto la forza di diventare una guida intellettuale, ammirata ma spesso anche criticata. L’analisi del concetto del potere in Sciascia si presta dunque a varie letture e punti di vista, seguendo la complesse biografia dell’autore e le sue opere. 
Pag. 11-13  
 

MARCO CARAPEZZA, L’opacità linguistica del potere

La grammatica del potere, l’opacità della lingua nella comunicazione politica, l’intrinseca linguisticità di ogni argomentazione razionale: sono i cardini di questa breve analisi dell’opera sciasciana. Sciascia utilizza le parole con responsabilità e analizza quelle degli altri mettendone in luce le conseguenze. Lo scrittore è contraddistinto da una fede a una religione civile che fa della letteratura l’unico terreno in cui l’etica può rifiutare la logica del potere, a partire dall’opaca inautenticità della lingua di cui fa uso. 
Pag. 15-18  

CLAUDE AMBROISE, Lettera-letterato-letteratura

Attraverso l’analisi di “La zia d’America”, “Todo modo” e “L’affaire Moro”, si percorre il problema dell’etica del potere sullo sfondo del progetto letterario di Sciascia. Nel primo racconto, che narra lo sbarco americano del 1943, fondamentali sono le lettere della zia, il cui micropotere deriva da quello americano di cui è il nunzio: l’America ha vinto la guerra e il conflitto si lega al potere e alla ricchezza. Nel 1974 esce “Todo modo”, che chiude la tetralogia civile sciasciana (dopo “Il giorno della civetta”, “A ciascuno il suo”, “Il contesto”); è un‘opera polisemica che rimanendo nella dimensione letteraria tracciata da Poe e Christie, rimanda ad alcuni schemi narrativi dai quali scaturisce l’idea del fare letteratura come scrivere lettere aperte, ovvero testi polemici rivolti all’opinione pubblica e a chi esercita il potere. Nell’ “Affaire Moro” è ancora la lettera a diventare veicolo di un dialogo con il potere: le lettere di Aldo Moro vs gli enunciati della politica trasmessi dai mass-media; lo scarto profetico è dato da un assassinio questa volta reale. Sciascia non propone nessuna etica del potere, perché secondo lo scrittore il potere ne è privo e l’etica è lasciata alla letteratura. 
Pag. 19-27  
 

GIORGIO LONGO, L’etica della reversibilità. Sciascia e la tradizione letteraria siciliana

Il racconto “Reversibilità” (in “Il mare colore del vino”) prende spunto da una poesia omonima di Baudelaire, affrontando il tema teologico del riscatto. Il termine si ritrova in due occasioni di scrittura civile: le morti di Pasolini e Moro e torna nel linguaggio politico in diverse accezioni. Il concetto di reversibilità si lega anche al trasformismo e da qui alla tradizione letteraria siciliana, da Verga a Tomasi di Lampedusa, a De Roberto, per affrontare in Sciascia il tema del progresso, delle idee che muovono il mondo. La scelta dell’impegno civile e dell’adesione a un partito rappresenta in Sciascia l’unica reversibilità, il voler scambiare la politica con l’etica. 
Pag. 29-41  
 

MARK CHU, L’etica del potere: Sciascia e i suoi eredi giallisti

Sciascia usa il genere poliziesco come strumento per l’analisi etica del potere e non a caso oggi il giallo è diventato negli ultimi anni il medium letterario prescelto per riflettere sulla società contemporanea. Attraverso l’analisi del “Giorno della civetta” si può confrontare l’impegno sociale e politico di Sciascia a quello di due scrittori contemporanei di letteratura di genere, Marcello Fois e Andrea Camilleri, che in qualche modo e in contesti differenti prendono l’autore racalmutese come modello. 
Pag. 43-54  
 

VALTER VECELLIO, Il dovere della memoria

Il valore della memoria è esplicitato in una pungente rassegna sulle polemiche nate attorno l’attività di critico per il “Corriere della Sera” di Sciascia, in particolare sull’articolo “I professionisti dell’antimafia”; le citazioni delle varie voci del dibattito socio-politico, anche letterario per quel che riguarda “Il giorno della civetta”, oltre a riprodurre il contesto in cui agirono i giudici Falcone e Borsellino, danno valore alle affermazioni di Sciascia sull’Italia, paese senza memoria e senza verità. 
Pag. 55-68

MIGUEL GOTOR, Sciascia, “L’Affaire Moro” e le lettere della prigionia

Al di là della polemica tra Sciascia e Scalfari innescata dalla scrittura de “L’Affaire Moro” all’indomani della tragedia politica, e oltre gli errori interpretativi, l’opera dello scrittore racalmutese ha il merito di aver rappresentato il pensiero dei tanti suoi lettori che avevano disprezzato Moro quando era un uomo libero, ma erano rimasti colpiti dal dramma della persona e vivevano questa contraddizione emotiva e psicologica a cui lo scrittore ha dato voce. La forza culturale del libro di Sciascia è quella di porsi al crocevia delle tre principali forme di critica antistatualista presenti in Italia: quella rivoluzionaria ed extraparlamentare, quella cattolica e infine quella anarchico-individualista. 
Pag. 69-78  
 

EMANUELE MACALUSO, Il rapporto tra Sciascia e il Partito Comunista

Leonardo Sciascia ha mantenuto per lungo tempo un rapporto critico con il Partito Comunista. Il fascismo, la guerra di Spagna, la questione sociale, sono contingenze storiche che Sciascia ha conosciuto da vicino e che hanno creato una coscienza contro il partito del potere, favorendo l’incontro con il Partito Comunista. Tuttavia Sciascia resterà sempre un intellettuale disorganico, incapace di allinearsi al partito pur arrivando a candidarsi nelle sue liste nel 1976, con la speranza di un rinnovamento: il potere però verrà sempre criticato, anche dal di dentro, soprattutto nella capacità di permettere la reversibilità (come nel caso dei fascisti che all’indomani della Liberazione andarono a ingrossare le fila del Partito di Togliatti). Tra le sue opere, in chiave puramente politica è stato letto “Il contesto”, scatenando numerose diatribe sui giornali, perché racconterebbe il passaggio dei comunisti al potere e il rapporto della sinistra con la Democrazia Cristiana. 
Pag. 79-84  
 

FRANCESCO IZZO, Un intellettuale tra virgolette

Tre testi raccontano in particolare l’idea dell’intellettuale secondo Sciascia: la risposta a Sanguineti sulla “Stampa” nel 1997, in un periodo di confronto serrato tra scrittori e uomini politici sulla stampa nazionale e con una polemica aspra sui doveri e le responsabilità degli uomini di cultura verso un impegno anche civile; il saggio “Il secolo educatore su Diderot”, intellettuale che ha inventato questa professione e che poteva permettersi questa etichetta; la prefazione alle “Lettere spirituali” di Giuseppe Rensi, filosofo emarginato dal fascismo. L’isolamento è una delle condizioni dell’intellettuale, insieme all’estraneità, e nel suo multiforme ingegno Sciascia si è affermato come sintesi dell’ ‘umanista’, tra virgolette. 
Pag. 85-90  
 

BRUNO PISCHEDDA, Il pesce volante: Sciascia e la stagione del secondo impegno

Nella primavera del 1977 esplode la disputa sul nikodemismo su giornali e riviste; questo evento è centrale per stabilire la natura dell’interventismo civile di Leonardo Sciascia. Quando nel maggio di quell’anno si apre alla corte d’assise di Torino il processo ad alcuni capi storici delle Brigate rosse, sedici giurati popolari rinunciano al mandato adducendo certificati medici. Il 5 dello stesso mese Eugenio Montale, sin dal 1967 Senatore della Repubblica, ne giustifica in un’intervista il timore per l’incolumità personale e si dichiara partecipe di un simile, endemico, sentimento di insicurezza. Si avvia così una veemente polemica circa la viltà e l’ipocrisia irresponsabile degli intellettuali italiani dinnanzi al terrorismo, che avrà nello scrittore di Racalmuto e nell’esponente comunista Giorgio Amendola i contendenti maggiori. Il ruolo dell’intellettuale secondo Voltaire è paragonabile a quello del pesce volante, che corre il pericolo in aria di essere divorato dagli uccelli e nelle profondità acquoree di essere preda di pesci voraci, una specie insomma esposta a tutte le insidie, ma proprio per questo nobile a dispetto di ogni avversario. 
Pag. 91-99  
 

FELICE CAVALLARO, Un eretico fra giornali e politica

L’impegno di Sciascia nella letteratura, ma anche il fare politica e lo scrivere su ciò che accadeva, erano lo strumento di un’eresia ben distante dal modello dell’intellettuale organico. Sempre fuori dal coro, sempre pronto a privilegiare la verità, anche a costo di contraddire senza riguardo, di perdere amici e lettori, perché per Sciascia era meglio perderli che ingannarli. L’impegno civile di Sciascia fra politica e giornali, in particolare il “Corriere della Sera”, è scandito dalle riflessioni sul sequestro Moro, divenuto “L’affaire Moro”, sull’arresto ingiusto di Enzo Tortora e sui guasti della giustizia; fino a un esame critico della lotta alla mafia e alla provocazione che lo portò a svelare i rischi di quanti avrebbero potuto usare l’antimafia come strumento di trasformismo: i professionisti dell’antimafia, come furono etichettati dal titolo dell’articolo, confezionato in redazione, rinfacciato a Sciascia e che provoca ancora polemiche. 
Pag. 101-108  

MASSIMO BORDIN, Conversazione con Adriano Sofri. Sciascia, gli intellettuali e il potere

Un’intervista-dialogo in cui si ricordano Sciascia, Pasolini, le coincidenze letterarie tra i due, “L’Affaire Moro”, il rapporto degli intellettuali con il Partito Comunista e i Radicali (comprendendo in questo Vittorini) e l’idea di Sciascia del potere. 
Pag. 109-118  
 

Dibattito

Sono raccolti qui i momenti più significativi del dibattito fra i relatori (Ambroise, Gotor, Macaluso, Vecellio), e tra questi e il pubblico, toccando tutti i temi principali del convegno, in particolare quindi il rapporto tra etica e potere, e ripercorrendo le polemiche più recenti, come quella legata alla trasmissione di Fazio e Saviano, “Vieni via con me”. 
Pag. 119-124  
 


LETTURE / READINGS
LE OPERE DI SCIASCIA: PASSATO E FUTURO
CLAUDE AMBROISE, L’edizione delle Opere nei “Classici Bompiani”

Il curatore delle Opere Bompiani di Leonardo Sciascia, scelto dallo scrittore, ripercorre la nascita della storica edizione riflettendo sul concetto di opera filologicamente pura vs la selezione dello scrittore che presenta la sua produzione purificata. Nel caso di Sciascia, l’intera opera che produrrà, il personaggio che di rimando egli diventerà nella polis italiana, sembrano illustrare la definizione sartriana: ‘L’homme est un projet qui décide de lui-même’. L’uomo Sciascia, nato a Racalmuto, in una determinata famiglia, in un certo ‘milieu’, che esistenzialmente ha scelto la scrittura (invece della carriera burocratica o aziendale, della mafia o della politica, ecc…), non è stato la ennesima incarnazione dell’astorico letterato. La sua scelta implica la costruzione speculare di se stesso per via di un’opera, non introspettivamente autobiografica, ma edificata dentro una dialettica concreta con la sua società. L’Opera Bompiani è un caso di opera completa voluta dall’autore, che non si chiude con la sua morte; è un progetto che è andato oltre l’autore ma seguendone la precisa traiettoria tracciata prima della dipartita. 
Pag. 127-134  
 

MARIO ANDREOSE, Sciascia nei “Classici”

La storia del passaggio di Sciascia alla Bompiani, nei “Classici”, dopo la crisi Einaudi dell’83 e la morte di Erich Linder, raccontata da uno dei protagonisti di quell’avventura editoriale, breve ma intensa. A indurre Sciascia a entrare di buon grado nella nuova collana di classici, secondo una formula che si rifaceva alla “Pléiade” di Gallimard, era soprattutto l’esigenza, in quella fase della sua carriera, di raccogliere la sua opera affidata talvolta, per amicizia e generosità, anche a piccoli editori e quindi di non facile reperibilità. Sapeva inoltre che sarebbe stato in buona compagnia, se i primi titoli in programma includevano T.S. Eliot, Moravia, Yourcenar, J. Roth, Camus, Flaiano, Tanizaki, Conrad, Canetti. 
Pag. 135-136  

PAOLO SQUILLACIOTI, Nella “nave Argo” di Adelphi. Un viaggio nell’Opera di Sciascia

L’eclettismo editoriale di Sciascia trova oggi una ricomposizione nella pubblicazione completa delle opere presso Adelphi. L’idea di una raccolta delle opere di Sciascia nella collana di Adelphi “La nave Argo” appare, sul piano editoriale, quasi come una logica conseguenza di questo processo. L’opera, prevista in due volumi, il secondo dei quali diviso in due tomi, conterrà integralmente il ‘canone Ambroise’, ma sarà aperta alle raccolte saggistiche e narrative postume e all’integrazione di testi pubblicati entro il 1989. La novità dell’edizione, al di là del mero incremento testuale, è affidata alla cura filologica, soprattutto nella ricostruzione della storia dei testi e del sistema concettuale sciasciano. 
Pag. 137-146  

MARCELLO FOIS, Un cinquantenne in forma. Introduzione al cinquantenario de “Il giorno della civetta”

Una breve e intensa analisi del “Giorno della civetta” per commemorarne il cinquantenario, un romanzo tradizionale e letterario insieme, il romanzo sulla mafia, scritto quando la mafia ‘non esisteva’, quando, affrontare quell’argomento significava prendersi la responsabilità di trattare materiale spinosissimo. In quel momento le storie di mafia erano infatti le narrazioni apologetiche di uomini d’onore in un mondo di giustizia e verità dove vigeva il dogma della sopravvivenza come concessione degli eletti. Il giorno della civetta è la modernità che si insinua in questo medioevo, le Italie che scaturiscono dal confronto tra l’uomo di legge e il capobastone locale sono una rappresentazione impietosa di due punti di vista non solo storici quanto etici. Il rapporto tra queste due virtù diversamente intese: quella civile, giovane del Capitano e quella locale, millenaria del Padrino, sono la spina dorsale di questa storia di ordinaria delinquenza che è diventata un capolavoro. 
Pag. 147-151 


STUDI E RICERCHE / STUDIES AND RESEARCH
ANDREA MAORI, L’Archivio Sciascia a Radio Radicale

Il testo introduce il lavoro, frutto di una lunga indagine d’archivio dell’autore, contenuto nel DVD-dati allegato al fascicolo della rivista e al quale si rimanda per la visione e l’ascolto dei materiali descritti. Oltre trecentoquindicimila schede di registrazione con le voci di oltre centosessantamila oratori costituiscono attualmente l’Archivio sonoro di Radio Radicale. Un giacimento culturale di notevole importanza e consistenza che attraversa quasi quarant’anni di storia politica italiana. Scorrendo i titoli degli interventi, dal 1978 al 1988, al pari dello studio di un inventario di un archivio cartaceo, ci si rende conto dell’intensa attività del politico Sciascia. 
Pag. 155-159  
 

VALTER VECELLIO, Sciascia a Radio Radicale

Il testo, unitamente a quello di Andrea Maori pubblicato nel presente fascicolo della rivista, offre il contesto ed arricchisce i contenuti del DVD-dati allegato su Sciascia nell’archivio di Radio Radicale. A partire da un inedito, una dichiarazione di voto di Sciascia in occasione delle elezioni politiche del 28 aprile del 1963, si arriva ai giorni intensi e frenetici del sequestro del giudice Giovanni D’Urso, rapito il 12 dicembre del 1980 dalle Brigate Rosse, e rilasciato il 15 gennaio del 1981, nei quali Sciascia parla dai microfoni di Radio Radicale rivolgendosi direttamente ai rapitori e battendosi per la vita. Sciascia era, tra gli scrittori italiani, uno dei più richiesti alla collaborazione; e da “Corriere della Sera”, “La Stampa”, “L’Espresso”, eppure, nei giorni della vicenda D’Urso, nessuno lo volle ospitare, e le sue parole erano diffuse solo da “Notizie Radicali”, “Lotta Continua”, “Avanti!”. 
Pag. 161-166  
 

MARZIA FAIETTI, Linee virtuose in bianco e nero

Sciascia amateur d’estampes, piuttosto che collezionista, apprezzava soprattutto la meticolosità, la cura, la diligenza; l’autonomia rispetto ad altre espressioni artistiche; l’essenzialità del linguaggio segnico fondamentalmente basato sulla linea e, infine, la capacità di raccontare storie complesse e ricche di dettagli mediante sobrie immagini in bianco e nero, così come Valéry. Una simbiosi con la letteratura che trova spiegazione in questo saggio. 
Pag. 167-171  
 

PAOLO SQUILLACIOTI, Da Lagandara a Proust. Un percorso fra immagini e letteratura

C’è un’intima connessione fra l’attività prevalente di scrittore e saggista di Sciascia (e prima ancora di lettore) e quella dilettantesca di amatore e critico d’arte: un’intima connessione che si manifesta anche nel fatto che gli artisti e le loro opere sono, al pari degli scrittori, allusi o esplicitamente citati nella sua produzione narrativa. Esempio ne è Antonio Lagandara, il brigadiere di polizia di “Una storia semplice”, il cui nome rimanda al pittore Antonio De La Gandara, una scelta onomastica che trova la sua ragione forse nel fatto che egli fu autore di ritratti di artisti e letterati, fra cui Paul Verlaine, e si sa della passione di Sciascia per questo genere di produzione, collezionata per tutta la vita e poi donata alla Fondazione Leonardo Sciascia di Racalmuto. La Gandara fu amico e ritrattista del barone Robert de Montesquiou, poeta e dandy ammiratissimo da Marcel Proust, e modello nella Recherche del personaggio Monsieur de Charlus. Una coincidenza poco fortuita che svela il legame insolito dello scrittore racalmutese con Proust. 
Pag. 173-183  
 


PERSI E RITROVATI / LOST & FOUND
FABIO MOLITERNI, Sciascia, Bodini e ‘l’unità culturale’ mediterranea

Il carteggio con Vittorio Bodini (1954-1960) offre documenti preziosi sul tempo lungo e stratificato degli esordi sciasciani. Si tratta di una corrispondenza preziosa in grado di gettare una luce parzialmente inedita sul tirocinio letterario dello scrittore e più in generale sul processo di formazione della sua biografia intellettuale, che vive sotto il segno dell’eclettismo di un lavoro culturale che spazia dalle poesie alle traduzioni, al saggismo e all’attività editoriale, in una dialettica mobile e problematica tra centri e periferie, cultura nazionale e regione, Europa e civiltà mediterranea. 
Pag. 187-193  
 

IVAN PUPO, Altri ritagli, altri cruciverba: materiali per una storia della collaborazione di Sciascia a “La Stampa”

La rassegna completa della collaborazione dello scrittore di Racalmuto al più importante quotidiano torinese, “La Stampa”, offre la possibilità di interessanti ricostruzioni filologiche, come la datazione delle singole tessere del diario “Nero su nero”. I materiali ritrovati fanno inoltre luce non solo sui ricordi o sui testi pubblicati, ma anche sui progetti dell’ultimo Sciascia. Ad esempio dall’ultima intervista concessa a Lorenzo Mondo, rilasciata a Milano nell’agosto del 1989 ma pubblicata postuma, si viene a sapere che Sciascia pensava alla curatela di un Meridiano Mondadori dedicato a Borgese. 
Pag. 195-201  
 


CONTRADDISSE E SI CONTRADDISSE / DISCUSSIONS
IL GATTOPARDO UNO E DUE
SALVATORE FERLITA, Il romanzo della discordia

Un po’ di moto e quindi d’equilibrio: è questa una definizione possibile delle contraddizioni sciasciane, che costellano la sua parabola di scrittore così come la sua avventura politica. La rubrica, che prende il nome dalla celebre dichiarazione sciasciana, trova qui la sua spiegazione e inaugura il suo spazio introducendo la controversia che investì “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Un romanzo rigettato da Sciascia, sulla scia di Vittorini, e che dopo fu oggetto di una timida palinodia. A confrontarsi sul tema, Nunzio Zago, professore ordinario di Letteratura italiana all’Università di Catania e Gioacchino Lanza Tomasi, musicologo, figlio adottivo dello scrittore palermitano: due punti di vista diversi sulla vicenda, che si integrano colmando anche minimi interstizi: letterari, ideologici, estetici. 
Pag. 205-208  
 

GIOACCHINO LANZA TOMASI, Un incontro mancato

Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Leonardo Sciascia non si sono mai incontrati, tuttavia li unisce l’opera e la polemica. Sciascia si scagliò come altri sulla falsità storica della tesi espressa ne “Il Gattopardo”, in particolare sulla cancellazione integrale della protesta borghese e contadina, cioè della presenza stessa del mondo e della cultura da cui egli proveniva e che pur aveva dato vita ai Fasci siciliani. Nel 1959 “Il Gattopardo” vince il premio Strega e supera ogni resistenza ideologica; in Sciascia rimarrà il biasimo ideologico, distinto però dalla valutazione letteraria, un atteggiamento che fa ipotizzare per assurdo che i due contendenti, se avessero avuto l’occasione di conoscersi, avrebbero finito per diventare non propriamente amici, ma indispensabili l’uno all’altro senza rinunciare alle proprie idee. 
Pag. 209-221 

NUNZIO ZAGO, Sciascia e “Il Gattopardo”

Sciascia rivolge al “Gattopardo” l’accusa d’immobilismo, un’opinione che risente del contagio del clima post-resistenziale, da un’ansia generosa di riscatto e impegno civile, così che il romanzo di Tomasi di Lampedusa, al contrario dei “Vicerè” di De Roberto, ha il solo merito di lasciarci ancora più radicati ‘nelle convinzioni nostre, nel nostro modo di essere siciliani’. Il modificarsi dell’opinione di Sciascia risale agli anni Settanta ed è attestato da una lettera a Giuseppe Paolo Samonà nella quale ammette quanto il Gattopardo sia ‘un libro positivamente importante per quegli stessi elementi che allora mi parvero negativamente importanti’ e che ‘certe illusioni mi impedivano di scorgere’. 
Pag. 223-228  
 


TRADUZIONI / TRANSLATIONS
GILLIAN ANIA, The Englished Sciascia: Translations 1960-2010

Il saggio si prefigge di essere un resoconto delle traduzioni in inglese delle opere di Leonardo Sciascia nell’arco degli ultimi cinquant’anni, a partire dal contesto del mercato attuale delle traduzioni di romanzi in Europa e passando per quello della traduzione della letteratura italiana in inglese dagli anni 1930, fino al resoconto delle traduzioni in inglese delle opere di Sciascia. La traduzione letteraria del resto attraversa confini sia politici che linguistici, con lo scopo ideale di attrarre e arricchire la cultura che l’accoglie. Nel caso dello scrittore siciliano l’ ‘arte’ del tradurre si applica ai suoi romanzi e racconti (e racconti-inchiesta) e si confronta con la difficoltà, propria di ogni traduzione, di riproporre nella lingua d’arrivo lo stile di chi ha scritto e il suo universo interiore, così complesso nel caso di Sciascia. 
Pag. 231-254  
 


RECENSIONI / BOOK REVIEWS
EMANUELE MACALUSO, Leonardo Sciascia e i comunisti (Achille Occhetto)
MARIO FRANCESCONI – MARZIA FAIETTI, Indizi: cartella Omaggio a Sciascia (Carlo Sisi)
RENATO MARTINONI, Troppo poco pazzi. Leonardo Sciascia nella libera e laica Svizzera (Arnaldo Bruni, Bruno Pischedda, Claude Ambroise)

ICONOGRAFIA / ICONOGRAPHY
GIOVANNA LOMBARDO, L’immagine come soglia. Le copertine dei libri di Leonardo Sciascia

pag 287


PUBBLICAZIONI RICEVUTE E POSTILLATE / PUBLICATIONS RECEIVED WITH SHORT COMMENTS

pag 297


LIBRI SCIASCIANI, 2009-2011 / BOOKS ON SCIASCIA, 2009-2011

pag 307


ALLEGATO / SUPPLEMENT
ANDREA MAORI (a cura di), Sciascia nell’archivio di Radio Radicale
(DVD)