Ad apertura del V “Leonardo Sciascia Colloquium” (21-22 novembre 2014, Napoli), il presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici riconosce nello scrittore siciliano un “ideale compagno” delle finalità intellettuali e civili che l’ente persegue. Una comunanza di ideali che si evidenzia in particolare rispetto alla condivisa volontà di denuncia e opposizione ai mali della società, da combattere con senso critico e fiducia nella cultura.
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Il vice presidente dell’Associazione “Amici di Leonardo Sciascia”, introducendo il V “Leonardo Sciascia Colloquium”, suggerisce alcuni spunti sul rapporto tra la filosofia e l’opera dello scrittore, tematica che il convegno si propone di indagare.
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“Vi è una filosofia originale di Sciascia?”, si chiede l’autore del contributo. Preso atto dell’interesse dello scrittore per la filosofia di ogni tempo, e dell’emergere – nella sua opera – di citazioni e posizioni dei pensatori a lui più cari, la riflessione per rispondere a questa domanda segue due direzioni; da un lato, si indirizza verso posizioni vicine a “Moralismo, illuminismo, razionalismo”; dall’altro, al rapporto tra “Filosofia e narrazione”, evidenziando in particolare il debito verso intellettuali francesi e spagnoli; e giungendo, infine, a riconoscere come persistente nella scrittura di Leonardo Sciascia, nella particolare “commistione fra l’elemento letterario-narrativo e quello erudito-saggistico” (Paolo Squillacioti), una riflessione a livello filosofico.
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L’autore, interrogatosi sulla “compatibilità” di letteratura e filosofia e sulla possibilità per le opere letterarie di veicolare originali messaggi filosofici, giunge a riconoscere entrambe nell’opera di Leonardo Sciascia, dopo averle fatte risalire, dal punto di vista della storia della filosofia, a Gorgia da Lentini. La verità che emerge dalle pagine dello scrittore è da identificare con la giustizia, intesa come limite da non oltrepassare: questa tesi viene sostenuta con alcuni esempi dalle opere di Sciascia (“Il Consiglio d’Egitto”, “Porte aperte”, “I professionisti dell’antimafia”), rintracciando infine in un “giusnaturalismo di taglio post-illuminista” l’originale filosofia sciasciana sulla giustizia.
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L’articolo intende sottolineare la presenza, attraverso l’opera di Leonardo Sciascia, di due filosofi in particolare: Voltaire e Diderot, pensatori che, come ricorda l’autore del saggio, proprio nel secondo dopoguerra in cui vive Sciascia sono stati oggetto di nuovo interesse da parte degli studiosi. Voltaire e il suo sistema di pensiero emergono – in maniera più o meno scoperta – in testi come “Il contesto”, “Todo modo” e, naturalmente, “Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia”, di volta in volta a colloquio con temi come il cristianesimo, il comunismo o la psicanalisi; mentre Diderot è il secondo “modello” filosofico persistente, per le posizioni sulla giustizia, l’ironia, la razionalità.
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L’autore sottolinea come Sciascia dialoghi con Michel de Montaigne rispetto ai concetti di verità e menzogna, in particolare con riferimenti a “La strega e il capitano” (1986) e agli “Essais”. Alla luce delle posizioni di Montaigne circa credenze sulla stregoneria, pena di morte e – soprattutto – efficacia della tortura nel disvelare la verità (posizioni condivise dall’autore siciliano), termini come verità e menzogna diventano sostantivi ambigui, relativi, interscambiabili, tanto da giustificare il titolo solo apparentemente paradossale del contributo; mentre la ragione umana si dimostra una volta di più influenzabile e inadeguata. Al confine tra questi due fuochi – verità e menzogna – si colloca il concetto di verosimiglianza; una verosimiglianza, tuttavia, del tutto distorta da paure e credenze contestuali e transitorie.
Pag. 47-60
Leonardo Sciascia e Paul Valéry condividono quella che l’autrice dell’articolo definisce una “patria dell’anima”, identificata nella Francia dell’illuminismo. Ma come questa immagine ideale si riflette sulla narrazione dell’autore siciliano? Limitando la scelta a tre sole opere, ne “Il Consiglio d’Egitto”, un richiamo testuale alle “Lettres Persanes” di Montesquieu acquisisce un senso pessimistico e ironico, sottolineato dal contrasto con il significato nel testo originale; in “Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia”, la messa in pratica di una frase di Voltaire (“Il faut cultiver notre jardin”) rappresenta solo un passaggio, non risolutivo, del percorso di Candido; infine, ne “Il cavaliere e la morte” è lo stesso Valéry de “La soirée avec Monsieur Teste” a riemergere, nella malattia e nella disillusione che similmente segnano Monsieur Teste e il Vice.
Pag. 61-70
Tra i pensatori spagnoli che influenzano l’opera di Leonardo Sciascia vengono identificati Miguel de Unamuno, José Ortega y Gasset e Miguel de Cervantes, anche se l’interesse dello scrittore per la cultura spagnola si allarga anche a poeti, storici, pittori. Di Ortega Sciascia ammira la rigorosa ma semplice capacità di analisi; mentre con Unamuno, oltre all’opposizione al regime di Franco, condivide la convinzione di una responsabilità civile della letteratura, nonostante le contraddizioni della realtà contingente. Il “Chisciotte”, infine, libro “eterno” e da leggere “con gioia”, mette in comunicazione, nella riflessione sciasciana, Unamuno e Luigi Pirandello.
Pag. 71-79
L’autore dell’articolo include Leonardo Sciascia nel novero dei “romanzieri filosofi”, in nome della sua riflessione morale sui comportamenti umani degli individui che agiscono nella realtà multiforme. Una riflessione che si può definire “filosofia dell’inquietudine” conduce Sciascia, attraverso le sue opere, all’indagine e alla ricerca di una verità. Da ciò deriva l’interesse per filosofi come Arnobio di Sicca (IV secolo), Agostino, Montaigne e Pascal; e ancora, per Giuseppe Rensi, i filosofi del Settecento francese, Luciano di Samosata e Leopardi; a favore di una ragione critica e tollerante, rispetto a ideologie atemporali e onnicomprensive.
Pag. 81-97
Vengono qui presentati le modalità di attuazione e i primi risultati di un progetto condotto in alcune scuole superiori, volto alla diffusione della conoscenza e della lettura dell’opera di Leonardo Sciascia. In una prima fase (marzo 2013) tre professionisti (uno scrittore, un astrofisico e un magistrato) hanno condiviso con gli studenti la propria esperienza di lettori di Sciascia, all’interno di un ciclo di incontri. In un secondo momento (novembre 2013, novembre 2014) alcune classi hanno sviluppato, sotto la guida degli insegnanti, originali percorsi di approfondimento su testi dello scrittore, presentati poi durante il IV e V “Leonardo Sciascia Colloquium”. La terza fase, infine, prevede la collaborazione a distanza ad un progetto comune, da parte di studenti con differenti provenienze geografiche e sociali.
Pag. 99-101
Il testo ripropone, in forma di saggio, la lettura scenica ideata e presentata dagli studenti della classe III B del Liceo Classico Giuseppe Parini di Milano nel corso del V “Leonardo Sciascia Colloquium” (21-22 novembre 2014, Napoli), a proposito del rapporto tra verità e potere nell’opera di Leonardo Sciascia e di Michel Foucault. In particolare, viene evidenziato il tema della ‘parresìa’, affrontato da Foucault nel suo ultimo corso universitario: si tratta della “volontà di dire il vero”, caratteristica di molti personaggi sciasciani e che costituisce, per entrambi gli intellettuali, un dovere etico.
Pag. 103-111
A cosa si riferisce la citazione “Per speculum in aenigmate”, tratta dalla “Prima lettera ai Corinti” (13, 12) di san Paolo, che apre il titolo del V “Leonardo Sciascia Colloquium”? Per rispondere a questa domanda, l’autore del contributo segue la traccia dell’invito al Convegno, su cui sono rappresentati due interessanti dettagli: da un lato, il diavolo di un dipinto di Rutilio Manetti, “Tentazione di S. Antonio abate” (1620), dall’altro il sant’Antonio della “Visitazione con i santi Nicola e Antonio abate” (1483-1489) di Piero di Cosimo. Entrambi portano un curioso paio di occhiali (lenti, vetri,’specula’) a pince-nez; simbolici strumenti dello svelamento di un enigma, o della consapevolezza dei piani, più o meno chiari o distorti, del reale, nel pensiero e nell’opera di Leonardo Sciascia.
Pag. 113-116