L’articolo offre molteplici spunti sul rapporto tra Leonardo Sciascia e la Svizzera (già passato in rassegna nel volume “Troppo poco pazzi. Leonardo Sciascia nella libera e laica Svizzera”, a cura di Renato Martinoni, Olschki, Firenze 2011). Diversi sono i legami e le occasioni di incontro tra lo scrittore siciliano e la Confederazione Elvetica, tra i quali si possono citare la rete di conoscenze e amicizie con intellettuali del luogo, gli interventi a dibattiti e conferenze, le presentazioni dei propri volumi, fino alle interviste per emittenti radiotelevisive svizzere e alla collaborazione con il “Corriere del Ticino”.
Pag. 147-153
Al 1984 risale l’inizio della corrispondenza tra Leonardo Sciascia e lo scrittore francese René Étiemble, in un periodo cruciale per la ricezione della letteratura italiana contemporanea in Francia, e che vede lo scrittore siciliano protagonista sia come autore che come consulente editoriale. Lo scambio epistolare si svolge, infatti, tra reciproci suggerimenti, segnalazioni letterarie e proposte editoriali – come la pubblicazione con Sellerio del volume di Étiemble “Tre donne di razza” (“La memoria”, 1986) –, all’interno di un carteggio nel quale la riflessione sul sistema editoriale italiano e francese e sul ruolo degli intellettuali al suo interno è elemento ricorrente.
Pag. 155-166
L’autore del contributo riflette sull’epigrafe shakespeariana che dà il titolo al romanzo edito da Einaudi nel 1961. Una possibile interpretazione dell’enigmatico titolo del racconto sciasciano, definito qui “giallo di mafia”, si intravede nel personaggio femminile della signora Nicolosi: personaggio di cui Sciascia non rivela il nome proprio, ma che è Rosa nella trasposizione cinematografica di Damiano Damiani. Alla donna, bellissima, viene associato con altro significato il termine “civetta”, provocando a livello delle indagini uno slittamento verso l’ipotesi fuorviante (ma favorevole ai mandanti politici) del delitto passionale: oggetto della cronaca detta, appunto, “rosa”.
Pag. 167-182
La presenza di Flaubert nell’opera di Leonardo Sciascia è connessa al concetto di “stupidità” e, in particolare, all’opera “Bouvard et Pécuchet”; tuttavia, i riferimenti si estendono anche ad altri testi dello scrittore francese, tra cui una lettera a François Parain e “Madame Bovary”. Ad emergere è una riflessione sulla relazione tra complessità e stupidità e, specularmente, tra semplicità e intelligenza (emblematico il caso del berretto di Charles Bovary, somigliante al volto di un “imbecille” perché complicato al limite dell’indescrivibilità). L’autore dell’articolo, in lingua inglese, giunge infine a tre conclusioni: la sensazione di Sciascia della consapevolezza, comune a Flaubert, dell’“universalità” della stupidità; l’opposta modalità descrittiva della stupidità nei due autori; la visione sciasciana di Flaubert come scrittore obbligato a confrontarsi costantemente con la stupidità.
Pag. 183-195